Artemisia Gentileschi, Public domain, via Wikimedia Commons.

Introduzione

In Una stanza tutta per sé, interrogandosi sul perché, storicamente, le donne non abbiamo scritto tanto quanto gli uomini, Virginia Woolf si inventa la storia di un’immaginaria Judith Shakespeare, che avrebbe potuto essere destinata ad una carriera letteraria illustre quanto quella del fratello William se solo avesse avuto accesso alle sue stesse opportunità. Questa parabola ha certamente un fondo di verità. Tuttavia, Virginia Woolf era vincolata dai limiti della storiografia del suo tempo. Grazie al lavoro di numerose studiose e studiosi, ora sappiamo che durante il Rinascimento italiano molte Judith Shakespeare si cimentarono in diversi generi letterari, scrivendo poesie, opere teatrali, lettere, trattati e dialoghi.

Alla fine del sedicesimo secolo, la scrittura femminile italiana vantava già una tradizione di diverse generazioni. Tra il 1580 e il 1630, circa 200 autrici pubblicarono testi nella penisola italiana, e alcune di queste godettero di fama, committenze editoriali e riconoscimenti[1]. Risale al 1600 la pubblicazione delle prime opere letterarie femminili a favore della dignità della donna: Il merito delle donne e La nobiltà et l’eccellenza delle donne, delle veneziane Moderata Fonte (1555-1592) e Lucrezia Marinella (1571-1653). Nei decenni successivi, Arcangela Tarabotti (1604-1652) si unì alle sue concittadine come tedofora della libertà femminile, con scritti incendiari come Che le donne siano della spetie degli huomini (1651) e Tirannia Paterna (1654). I loro testi riflettono su temi chiave del femminismo, anticipando alcune delle intuizioni più rivoluzionarie elaborate da pensatrici successive, quali il nesso tra dipendenza finanziaria e mancanza di libertà, le pari capacità intellettuali dei sessi, la convinzione che gli squilibri di potere tra maschi e femmine non siano frutto della biologia ma di opportunità educative differenziate e la critica all’ingiusta esclusione delle donne dal governo, dalle professioni e dall’educazione. Spesso si sostiene che Mary Wollstonecraft o Virginia Woolf siano state le iniziatrici della battaglia per la parità di genere. In realtà, le prime testimonianze di consapevolezza femminista nella penisola italiana si trovano negli scritti di Fonte, Marinella e Tarabotti. Queste autrici possono dunque essere considerate tra le capostipiti del pensiero femminista occidentale, eppure sono sconosciute alla maggior parte degli italiani, insieme a molte delle loro contemporanee.

Nonostante il vasto corpus di studi che dimostra la costante partecipazione delle donne in ambito letterario dal Medioevo ad oggi, le autrici italiane occupano uno spazio marginale all’interno dei libri di testo, dei programmi scolastici e del canone letterario, che appaiono come discorsi quasi unicamente maschili[2]. Ad oggi, secondo una convinzione diffusa, la scrittura femminile è generalmente percepita come un fenomeno periferico alla letteratura, emerso soprattutto a partire dall’Ottocento e sviluppatosi pienamente nel Novecento come naturale conseguenza del processo di modernizzazione del Paese. Si ignora spesso, invece, la storia delle autrici precedenti, che vengono trascurate perché giudicate - a torto - come universalmente schiacciate da una società che non ha lasciato loro alcuno spazio per l’espressione intellettuale e artistica. Questo mito, che nasce dalla trasmissione di una storia della letteratura da cui la presenza delle donne è stata rimossa, “ripropone come dato di realtà ciò che viceversa è l’esito formale di quella lunga catena di […] negazioni su cui si fonda, nella cultura occidentale, l’unicità delle forme di rappresentazione dell’io: la rimozione della soggettività femminile dalla storia del genere umano”[3].

Così, come osserva Lidia Curti, l’articolazione della disciplina letteraria “trova rispecchiamento nella pratica didattica che spesso è una pratica di esclusione”[4]. Infatti, durante l’anno accademico 2018/2019, in venticinque università italiane gli autori hanno costituito il 91% dell’offerta formativa, mentre le autrici hanno rappresentato in media solo il 9% del programma[5]. Da una recente indagine sulle antologie di letteratura italiana utilizzate nelle scuole secondarie è risultato che le donne costituiscono meno del 10% tra gli scrittori considerati [6]. Un’altra importante barriera allo studio di queste autrici in Italia è anche l’assenza di edizioni moderne dei loro testi. Infatti, sebbene molte di queste opere siano state tradotte in inglese e pubblicate negli Stati Uniti e in Canada, poche sono disponibili nella loro lingua originale[7]. Inoltre, come si può notare dalle bibliografie dei percorsi, la maggior parte degli studi critici sulle scrittrici rinascimentali è prodotto all’estero e disponibile solo in lingua inglese. Per questo, come scrive Daniela Brogi, in Italia “chi studia materie umanistiche all’università ha ancora probabilità molto alte di laurearsi alla specialistica senza avere mai studiato l’opera saggistica o creativa di una donna”[8].

Queste omissioni testimoniano che le scrittrici e le pensatrici femministe italiane sono state spesso - e sono tuttora - relegate ai margini della nostra cultura. La repressione delle voci femminili non solo contribuisce ad una visione parziale ed androcentrica della storia, della lingua e dell’identità nazionale italiana, ma ci priva anche di punti di riferimento cruciali nella vita quotidiana. Trascurare le opere di queste autrici perpetua l’erroneo e dannoso luogo comune secondo cui le donne non hanno agito, scritto o partecipato ai più importanti movimenti culturali. Nelle parole di Daniela Brogi, tali narrazioni critiche possono vanificare il potenziale delle donne, contribuendo alla creazione di “una cultura dello scoraggiamento sistemico”[9].

Questo sito intende rimediare, almeno in parte, a questi silenzi. Genealogia Femminile si propone di fornire risorse e strumenti per la scoperta delle scrittrici italiane del Rinascimento. Il progetto si rivolge a tutte e tutti, ma con una particolare attenzione nei confronti di studenti e insegnanti delle scuole italiane, che possono qui usufruire di testi introduttivi alla letteratura femminile, delle biografie di alcune autrici e di guide per l’analisi del testo.

Questo sito è ancora nelle sue fasi iniziali. Siete invitati a contattarci all’indirizzo genealogiafemminile@outlook.com se desiderate collaborare con noi, organizzare un incontro o condividere le vostre riflessioni.

Ringraziamo la Society for Renaissance Studies per la donazione di una Public Engagement Grant.

[1] Virginia Cox, A Short History of the Italian Renaissance (London: IB Tauris, 2016) p. 194.

[2] Con alcune eccezioni, come l’antologia curata da Johnny L. Bertolio, Controcanone: la letteratura delle donne dalle origini a oggi. Con percorsi tematici su altri "esclusi" dal canone (Torino: Loescher, 2022).

[3] Marina Zancan, Il doppio itinerario della scrittura: La donna nella tradizione letteraria italiana (Torino: Einaudi, 1998) p. xi-xii.

[4] Lidia Curti, “Uno spazio di differenze.” In Oltrecanone. Generi, genealogie, tradizioni, a cura di Anna Maria Crispino (Roma: Iacobelli Editore, 2015) p. 18.

[5] Alberica Bazzoni, “Canone letterario e studi femministi. Dati e prospettive su didattica, manuali e critica letteraria per una trasformazione dell’Italianistica.” In Le costanti e le varianti. Letteratura e lunga durata, a cura di Guido Mazzoni, Simona Micali, Pierluigi Pellini, Niccolò Scaffai, Matteo Tasca (Roma: Del Vecchio Editore, 2021) p. 148.

[6] Marianna Orsi, “Donne Invisibili: Come i Manuali di Letteratura Ignorano il Contributo Femminile (prima parte).” In Radici Digitali, 2021; Vedi anche: Raffaella Sarti con Valeria Palumbo, La storia delle donne: perché non è ancora “normale”?, Corriere della Sera (24 gennaio 2021); Marzia Camarda, Disparità di genere: l’importanza del canone disciplinare, Zanichelli (27 aprile 2021); Jennifer Guerra, I movimenti e gli studi femministi “cancellati” dai libri di storia, Valigia Blu (6 novembre 2021).

[7] Soprattutto all’interno della collana The Other Voice in Early Modern Europe stampata dalla University of Chicago Press e la University of Toronto Press.

[8] Daniela Brogi, Lo spazio delle donne (Torino: Einaudi, 2022) p. 73.

[9] Ibid, p. 45.

Artemisia Gentileschi, Clio, la musa della storia, olio su tela (1632).